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Visite Turistiche

Formazza è un paese di 450 abitanti a più di 1200 metri d'altitudine. Di lingua e di cultura walser, fu il primo paese abitato da questo popolo a sud delle Alpi. È immerso nell'omonima stupenda Valle Formazza dove si possono praticare innumerevoli attività e scoprire le sue uniche bellezze naturali, fra cui la nota Cascata del Toce. Ci sono degli innumerevoli motivi per visitare Formazza e le sue frazioni: gli sport invernali ed estivi, le bellezze naturalistiche, la sua cultura e architettura, le escursioni in montagna.

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La Cascata del Toce

La Cascata, con un salto di 143 metri, è la più alta d'Europa; è alimentata dal fiume Toce che si forma nella piana di Riale dalla confluenza di diversi torrenti. La storia della Cascata e del suo famoso albergo è da collegare alla storia dell’esplorazione alpinistica romantica e pionieristica iniziata da De Saussure nel 1777 e proseguita dal reverendo Coolidge, dallo studioso svizzero Gottlier Studer, da Arthur Cust, padre dello scialpinismo, e dal milanese Riccardo Gerla, definito «l’apostolo dell’Ossola», insieme alla fedele guida di Antronapiana Lorenzo Marani.

 

La Cascata del Toce fu visitata ed amata da numerosi visitatori illustri come Richard Wagner, Gabriele D'Annunzio, la Regina Margherita, il Re Vittorio Emanuele III, Giosuè Carducci e dall’Abate Antonio Stoppani che hanno lasciato entusiastiche descrizioni di quella che veniva già definita la più bella cascata delle Alpi. Il sentiero che la costeggia è un tratto della via mercantile del Gries che ha unito per secoli Milano e Berna. Sulla sommità, un fantastico punto d'osservazione è il balconcino in legno proteso sopra il salto d'acqua.

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L'Albergo

Legata alla storia della Cascata vi è anche quella del suo albergo costruito nel 1863 da un formazzino di nome Giuseppe Zertanna, lungimirante imprenditore che aveva capito per primo il futuro sviluppo di un turismo fino ad allora inesistente. Nel 1926 la Società Alberghi Formazza rilevò la struttura dai vecchi proprietari Zertanna iniziando un’opera di ristrutturazione ed ampliamento e portando l’albergo ad assumere le odierne dimensioni.

 

Si incaricò del progetto l’architetto Piero Portaluppi, progettista anche delle centrali idroelettriche, che strutturò l'albergo con 120 posti letto, acqua calda e fredda in tutte le camere, riscaldamento centrale e molti altri servizi all’avanguardia per quei tempi, come l’ufficio postale e telegrafico. L’Albergo passò prima alla Montedison e poi all’Enel in quanto residenza per i rispettivi dipendenti. Nel 1973 Enel lo cedette a privati che realizzarono miniappartamenti. Attualmente è ancora aperto ed è ben conservato, ha nelle sue sale e nel locale bar parti interessanti della storia dell’Albergo.

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La Casa Forte

Antonio Zur Schmitten, ricco proprietario, someggiatore e notaio della valle, la fece costruire nel 1569. Sul fronte principale si vedono ancora infissi alcuni anelli di ferro a cui venivano legate le bestie da soma, mentre i loro carichi erano sottoposti ai controlli previsti dagli statuti. All’ingresso, si trova una scala in pietra; a sinistra ,un magazzino per il deposito delle merci; a destra il locale con la finestra inferriata che dà sulla strada, dove venivano rinchiusi i ladri e i bestemmiatori che non pagavano la multa prevista dagli Statuti. Non a caso l’edificio è chiamato «der Turä» (la prigione).

 

Al primo piano, rivolto a sud, il soggiorno riscaldato dal voluminoso fornetto, qui probabilmente l’ammano riuniva i suoi consiglieri per discutere e decidere le sorti della valle. Nel vano opposto, rivolto a nord, la cucina con l’enorme camino e il singolare lavandino in pietra. All’ultimo piano altri due vani che erano adibiti ad abitazione. La «Schtei Hüs» (casa di pietra), come viene anche chiamato l’edificio, è attualmente un museo etnografico che raccoglie oggetti tradizionali: finimenti, basti, botticelle relative alla someggiatura e ai trasporti, attrezzi per la lavorazione del latte, della lana, della canapa, utensili domestici ecc.

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Le Centrali Idroelettriche

La provincia del Verbania-Cusio-Ossola è sicuramente una terra di acque e di montagne. Sul suo territorio ci sono moltissimi laghi alpini, quasi tutti caratterizzati dalla quota elevata e da difficili condizioni ambientali. I laghi di maggiori dimensioni sono tutti bacini artificiali, quasi tutti costruiti all’inizio del Novecento durante quella che si chiama «la colonizzazione» idroelettrica dell’Ossola, che ha rappresentato la maggiore trasformazione storica del paesaggio alpino della zona. Dei 32 bacini artificiali, solo 14 sono stati costruiti su bacini naturali preesistenti.

 

Lo sfruttamento dell’acqua per l’energia elettrica, il cosiddetto «carbone bianco» ha avuto inizio alla fine dell’Ottocento con la comparsa de primo impianto. La valle che presenta le caratteristiche più adatte per lo sfruttamento idrico, per la presenza di ghiacciai, di laghi e di forti dislivelli è la Val Formazza, inoltre ad avere il 66% di terreno non produttivo a causa dell’alta quota. Il primo a capire questa opportunitàÌ€ fu il giovane Ettore Conti che diventò uno dei maggiori industriali nel campo idroelettrico. Nel 1901 nacque la SocietàÌ€ Anonima per Imprese Elettriche Conti, collegata alla societàÌ€ Edison e da questa poi assorbita nel 1926. Fra gli anni 1907-1908 ebbe inizio la costruzione dell’impianto di Rivasco e di Goglio, complessi che entrarono in funzione nel 1911.

 

Dopo la fine della Prima guerra mondiale, tutta la valle fu un grande brulicare di imprese, maestranze e centinaia di operai. La centrale di Sottofrua fu terminata nel 1924 e quella di Cadarese nel 1928, quest’ultima con un salto di 467 metri lungo una condotta di 7 chilometri scavata interamente nella roccia. La centrale di Ponte entrò in funzione nel 1940 e quella di Morasco nel 1957, un complesso per la prima volta gestito in modo automatico. Di pari passo alla nascita delle centrali è iniziata la costruzione degli invasi di sbarramento, «opere da ultima frontiera», considerando le tecnologie di costruzione, le difficoltà di realizzazione e difficili condizioni climatiche.

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